
Resurrezione studio 1977 Alessandro Bruschetti - Copyright -
"Quello che conta non è quello che fai, ma lo spirito con cui lo fai"Margherita
Nella nostra cultura occidentale la parola "compassione" e quella di "pena" sono accomunate come se fossero sinonimi e quindi suscitano lo stesso sentimento.
Tanto che citando un detto "Meglio fare invidia che compassione" possiamo notare come la parola "compassione" può essere sostituita con la parola "pena" senza apparentemente cambiare il senso della frase, perché si intende compassione come il sentimento della pena (colpa da espiare).
Questo equivoco crea grande confusione e stati d'animo conflittuali ogni volta che ci troviamo di fronte a qualcuno che ci sembra abbia bisogno di essere aiutato.
Mi ero spesso domandata perché nel fare l'elemosina a qualche mendicante, o lasciandomi convincere dal vucumprà di turno, si scatenasse in me quel senso di rabbia e frustrazione che mi diceva :- No..... così è meglio non fare la carità. -
Ho analizzato a fondo il problema e sono giunta alla conclusione che:
l'enorme differenza che contraddistingue il senso della pena dal senso della compassione non può restare ignoto a chi voglia tenere un comportamento congruente e conoscere il perché di questa spiacevole sensazione a cui è legato il sentimento che la parola pena suscita in noi.
Siamo tutti più o meno consapevoli a qualche livello che il senso della parola pena è legato a quello di colpa e espiazione quindi anche a quello di paura.
Vediamo perché:
se qualcuno piange raccontandoci i suoi drammi, verbalmente o in qualsiasi altro modo, suscita nei poco attenti quel senso di pena, così ben inculcato dalla chiesa, che in più di un modo sollecita il senso di colpa, se non ci si pone in una posizione di soccorso e aiuto materiale.
E' quello che ti fa dire:- Poverino quello non ce la fa, io lo aiuterò costi quel che costi.
Se non lo farò sarò colpevole, se lo aiuterò avrò fatto una buona azione e sarò libero dal senso di colpa. -
Spesso però tutto questo discorso non è affatto conscio, ma quello che diventa conscio è che tu sei più fortunato di lui e quindi è tuo dovere aiutarlo.
Se lo farai non solo avrai assolto un tuo preciso dovere morale, ma potrai sentirti così alleggerito dal senso di colpa e anche sentirti più grande e più importante.
Pensaci bene, quando aiuti qualcuno c'è dentro di te un sentimento di vera gioia e com-passione
(empatia)? O è il senso di colpa che ti spinge al soccorso, magari con una punta di vanagloria per la tua magnanimità?..... Questo è quanto suscita la pena!
E' questa solamente una trappola sia per chi dona con quell'intenzione, che per chi si pone nella situazione di suscitare pena.
Perché dico questo?
Perché mi conosco e so quanto è abile il nostro ego a convincerci che:
1 Non siamo in grado di farcela
2 Che avremo bisogno delle risorse degli altri, altrimenti soccomberemo
3 Che siamo dei martiri
4 Che ce l'abbiamo messa tutta e non c'è più niente da fare.
Per questo ci appoggiamo a chiunque abbia un po' di pena per noi.
E' così che ci nutriamo dell'energia dell'altro, il cui servizio viene vanificato.
Valutiamo adesso la compassione nel senso più pieno del suo significato:
Se ho com-passione per una situazione o per qualcuno vuole dire che lo com-prendo, (che lo prendo in toto così com'è) se sbaglia lo capisco, e sono pronto al perdono, qualsiasi cosa io decida di fare mi darà gioia, perché proprio in virtù della com-passione posso sapere che quello che mi si chiede potrebbe anche non essere il meglio per me e per lui. Perché quello che mi sta a cuore è la vera gioia di entrambi.
Vuol dire: io ti conosco e ti capisco, so chi veramente tu sei.
Riconosco la tua grandezza e la onoro.
So bene, che quello che sono i tuoi drammi non sono altro che illusione creata dall'ego, che cerca di convincerti di essere impotente, perché conosce solo la possibilità di suscitare pena.
Tu puoi prendere atto delle tue risorse e puoi lasciar andare questo falso e illusorio atteggiamento, che credi sia l'unico possibile per te.
So quanta paura, quanta sofferenza e quanto bisogno d'amore, si cela dietro questi atteggiamenti, che corrodono la tua vita e quella di chi ti sta vicino.
Il mio aiuto per te sarà la mia com-passione!
La vera compassione può renderti consapevole di tutto ciò, abbandonando la pena potrai vedere anche tu chi veramente sei e quanta forza e quante risorse risiedono in te.
La compassione non si limita al solo prendere atto, ma si estende all'attivazione
di tali risorse attraverso il perdono di se stesso e dell'altro.
Ecco il vero servizio!
E' in atto oggi un vero rivoluzionario cambiamento, che va contro gli insegnamenti finora giunti a noi da ministri poco attenti o inconsapevoli.
Questa nuova comprensione si avvicina sicuramente di più al vero sentimento della compassione trasmessoci dall'insegnamento del Cristo.
Il piano su cui sperimentiamo la realtà è oggi investito da grandi energie, che ci forniscono la possibilità di comprendere che:
sarebbe completamente vanificata la morte del Cristo se la compassione, con la quale ha potuto prendere su di se e perdonare tutte le colpe degli uomini, fosse servita solo a suscitare pena per la sua morte, e a farci sentire nuovamente colpevoli.
La verità è che Lui è risorto per far si che, questo evento non fosse una sua esclusiva, ma che con l'apertura di questa porta anche noi potessimo attivare la nostra resurrezione, attraverso la compassione e il perdono, per riconoscerci tutti nella sua gloria.
Dedicato alla tua rivitalizzazione.
Margherita
"Se non lo farò sarò colpevole, se lo aiuterò avrò fatto una buona azione e sarò libero dal senso di colpa." -
RispondiEliminaDicesi carità pelosa,
tipica di molti cattolici
ciao
s.